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Restauro del rosone della Basilica di S.Antonio

 

Il rosone settentrionale della basilica del santo, oggi recuperato con il contributo della Fondazione BNC, si deve al gesto di un´altra grande committenza. Nella prima metà del Quattrocento, un giovane cavaliere figlio del nobile piacentino Filippo Bisalica, donò il rosone alla basilica.
L’opera costruita tra il 39 e il 41, è realizzata completamente in pietra e raggiunge il notevole diametro di 9 metri, consentendo lo sviluppo di aperture vetrate di rara bellezza.
Nella morfologia architettonica del rosone sono riconoscibili quattro diversi momenti compositivi:

  1. una prima più esterna corona circolare di ammorsamento alla muratura di laterizio, caratterizzata da una serie di dentelli contrapposti
  2. una serie continua di 8 archi ogivali, a loro volta ripartiti da una serie di archi minori trilobati
  3. un sistema radiale dei sostegni che conta 8 colonne principali, e 8 colonne secondarie di proporzione slanciata
  4. un occhio centrale individuato da una corona dentellata che racchiude un grande vuoto sottolineato de un grazioso motivo ad archetti.

 

Le prime operazioni di restauro sono state rivolte alla rimozione delle polveri, del terriccio, del guano e dei depositi superficiali incoerenti attraverso l’impiego di pannelli e l’ausilio di acqua nebulizzata.
Contestualmente a questa prima operazione di pulizia si è dato corso a una campagna di analisi e indagini conoscitive , per ottenere maggiori informazioni sulle caratteristiche materiali, sulla natura delle aggressioni e sulla qualità ed entità delle sollecitazioni interne al sistema.
Una volta rese visibili le efoliazioni, le scagliature e le fatturazioni della pietra, sono state realizzate stuccature temporanee per preservare il materiale contro  eventuali distacchi durante le fasi di pulitura.
Per le opere di pietra sono state consolidate le parti visibilmente ammalorate e trattate le superfici compromesse con idonee soluzioni per la rimozione di macchie, aggressioni diverse e ossidazioni.
Sono state successivamente eliminate o ridimensionate le stuccature e le piombature realizzate durante interventi precedenti che per la loro composizione avevano interagito con la pietra o la cui funzione conservativa era venuta meno.
In presenza di frammenti distaccati e scagliature macroscopiche della pietra si è provveduto al ristabilimento dell’adesione al supporto attraverso idonei incollaggi.
Laddove esistevano casi di disgregazione e polverizzazione del materiale è stato condotto un intervento di consolidamento mediante impregnazioni e impacchi con opportune soluzioni di sintesi.
Successivamente si è provveduto al consolidamento delle parti degradate, alla micro stuccatura delle lesioni e a una serie di trattamenti finali preventivi e di protezione. In particolare è stato condotto un trattamente preventivo contro la crescita di vegetazione superiore e contro l’azione di attacchi biologici, mediante l’applicazione di soluzioni biocidi preesistenti.
Le superfici vetrate erano realizzate con i rui(rulli). Sono degli elementi piani di vetro soffiato di forma circolare con un caratteristico bollo centrale dovuto al distacco della canna con cui venivano soffiati e ruotati durante la lavorazione.
I rui costituivano il modo più appropriato per chiudere le grandi aperture di fabbriche nei secoli in cui la lastra singola ere rarissima.Comparvero a Venezia durante il medioevo e, già nel 1300, si ritrovano in tutto il mondo occidentale i rui delle fornaci veneziane.Gli elementi circolari venivano uniti a formare un unico pannello vetrato per mezzo di una legatura con profilo di piombo e poi assemblati tra loro attraverso la piccola lastina di vetro che veniva tagliata in modo pressocche triangolare, per adattarsi alla forma dei rulli.
Va detto che i rui originali del rosone, assai colorati, furono probabilmente sostituiti nel 1895, da Camillo Boito, con elementi più trasparenti per conferire maggiore luce al presbiterio. Il nuovo assetto perdurò fino al marzo del 1945, quando l’intero sistema vetrato andò in frantumi in seguito al bombardamento aereo del vicino distretto militare.
Le superfici vetrate del rosone presentavano alcuni rulli irrimediabilmente compromessi e una generale opacizzazione dei pannelli. Si è quindi proceduto ad un accurato smontaggio e al successivo restauro, effettuato presso un noto laboratorio specializzato.
I 130 telai metallici che reggevano i pannelli di vetro piombato sono stati recuperati, sono stati restaurati i rillu non compromessi mentre sono stati reintegrati gli elemente mancanti. Il sistema di pannelli vetro piombo, una volta ripristinato, è stato sottoposto ad un trattamento di impermeabilizzazione con l’applicazione di mastici speciali.ciascuna pennellatura è stata poi riposizionata in opera con appropriate resine sigillanti e assicurata ai supporti di pietra con speciale tondini di acciaio inox.
Ora è possibile scorgere il rosone in tutta la sua maestosità, particolarmente evidente dall’interno della basilica, grazie alla grande trasparenza che l’intervento di restauro ha conferito al sistema

 

Testi a cura dell'Arch.Ferruccio Tapinato